
monologo costruito attraverso le canzoni di Mina cantate in playback, fortemente ispirato
dal lungo percorso teatrale che l’autore e attore siciliano ha realizzato al teatro Piccolo
Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina con le detenute di alta
sicurezza, nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare. Il fulcro della drammaturgia è il
sogno: perdere la capacità di sognare significa far morire una parte di sé. Vorrei una voce è
dedicato a coloro i quali hanno perso la capacità di farlo.
“Ero un giovane uomo, lavoravo, avevo una casa, una macchina e soprattutto persone che mi
amavano, ma avevo smesso di provare gioia per quello che facevo, non credevo più in me stesso e in
niente – dichiara Granata. Non so come sia successo. Un giorno mi sono svegliato e non mi sono
sentito più felice, né di fare il mio lavoro né di progettare qualsiasi altra cosa. Quando mi arrivò la
telefonata di Daniela Ursino, direttore artistico del teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa
Circondariale di Messina, con la proposta di fare un progetto teatrale con le detenute ‘per farle
rivivere, sognare ritrovando una femminilità perduta’, capii, dopo averle incontrate, che erano come
me, o forse io ero come loro: non sognavamo più. Guardandole mi sono sentito recluso, da me
stesso, imbruttito da me stesso, impoverito da me stesso. Avevo dissipato, inconsapevolmente, quel
bene prezioso che dovrebbe possedere ogni essere umano: la libertà. Proposi così di fare quello che
facevo da ragazzo quando ascoltavo le canzoni di Mina: interpretavo le mie storie fantastiche con la
sua voce.
Con le detenute abbiamo messo in scena l’ultimo concerto live di Mina, tenutosi alla Bussola il 23
agosto 1978. L’idea era quella di entrare nei propri ricordi, in un proprio spazio, dove tutto sarebbe
stato possibile, recuperando una femminilità annullata, la libertà di espressione della propria anima e
del proprio corpo, in un luogo che, per forza di cose, tende quotidianamente ad annullare tutto
questo. Ognuna di loro aveva a disposizione due canzoni di Mina e, attraverso il canto in playback,
doveva trasmettere la forza e la potenza della propria storia per liberarsi da pensieri, angosce,
fallimenti di una vita. Mi sono trovato, con loro, a cercare il senso di tutto quello che avevo fatto fino
ad allora.
Non voglio e non posso portare in scena le mie ragazze del Piccolo Shakespeare di Messina, perché
quello che abbiamo fatto dentro quel luogo di libertà che sta dentro un carcere è giusto che rimanga
con loro e per loro. In Vorrei una voce in scena ci sono solo io, delle ragazze mi porto i loro occhi, i
gesti, le loro lacrime e i sorrisi. Grazie a loro racconto storie di persone che dalla vita vogliono un
riscatto importante: vogliono l’amore per la vita, quella spinta forte ed irruente che ti permette di
riuscire a sopportare tutto, a fare tutto affinché si possa realizzare un sogno