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Vergine Madre
Vergine Madre
di e con
Lucilla Giagnoni

collaborazione ai testi
Marta Pastorino

musiche originali
Paolo Pizzimenti

scene e luci
Lucio Diana e Massimo Violato

segretaria di produzione
Elisa Zanino

Si ringrazia Paola Rota



Lo spettacolo ha vinto il Premio Persefone come miglior spettacolo in televisione per la drammaturgia e la regia







Un giorno la sottile rete di protezione si è smagliata e sono cadute ad una ad una le nostre certezze: salute, educazione, lavoro, futuro, democrazia.
In molti luoghi si aggiunge la guerra, la fame e il terrore. Dovunque cresce la diffidenza e un’angoscia sottile, quotidiana. Qualcuno ricorda che in fondo la fine del mondo c’è già stata, per altri invece sono i segni di un’apocalisse prossima ventura.
Forse non ci resta che pregare.

Sei canti della Divina Commedia, probabilmente i più noti. Sei tappe di un pellegrinaggio nel mezzo del cammin di nostra vita: Il viaggio (Il primo canto dell'inferno), La Donna (Francesca, il V), l'Uomo (Ulisse, il XXVI), il Padre (Ugolino, il XXXIII), la Bambina (Piccarda, il III del Paradiso), la Madre (Vergine madre, il XXXIII del paradiso).
È la Commedia Umana di Dante, una strada che si rivela costeggiata da figure “parentali”: quello che si compone, guarda caso, è il disegno di una famiglia.

Sono parole incantatorie, quelle della Divina Commedia, parole taumaturgiche, rituali. Eternamente ripetute come le preghiere.
I canti non vengono spiegati e, per quanto, ad essere sinceri, talvolta possano sembrare incomprensibili all’ascolto, sono loro a spiegarci quello che ci sta accadendo. Dalla lettura dei canti scaturiscono storie.
Il lato oscuro dell’uomo, l'aspetto meraviglioso e terribile del padre, la santità dei bambini, la prigione della donna, la grandezza della madre che ci indica l’unica strada possibile: la conciliazione degli opposti, l’armonia dei contrari. Un percorso ricco, sorprendente e, soprattutto, confortante. Come la preghiera.
A cantare e raccontare storie è una donna.
Perché più spesso sono le donne a pronunciare, senza mediazioni, il desiderio di pace.
E perché sicuramente l’anima ha una voce femminile.
Una donna isolata dal mondo, nel suo giardino, in una notte oscura crea per sé stessa un‘isola di pace. Le abbiamo conosciute anche noi certe isole di pace, mentre eravamo turbati per quello che succedeva, là fuori: se ora ci pensiamo bene, spesso erano momenti di poesia, lo strumento migliore per comprendere il mondo rapidamente e in profondità. Forse per stare al passo con le complesse trasformazioni che stiamo vivendo, sarà bene fare tutti una bella scorta di poesia.
Io l’ho fatto, quando la profezia della donna isolata nel giardino è diventata realtà, e dai canti di Vergine madre ho interpretato tutta la Divina Commedia: è stato come vivere più vite e mi sono regalata un po’ di paradiso.

“Da piccola sognavo di diventare santa. Ma non santa martire, che il martirio di fatto non mi convinceva del tutto, semplicemente santa.
Non sono diventata santa: ho fatto l’attrice.

Per diventare santi bisogna pregare.
Raccontare storie è un po’ come pregare.
Come ci insegna Italo Calvino ne “Le città invisibili” è cercare in mezzo all’inferno ciò che non è inferno e farlo durare, e dargli spazio”.
di e con
Lucilla Giagnoni

collaborazione ai testi
Marta Pastorino

musiche originali
Paolo Pizzimenti

scene e luci
Lucio Diana e Massimo Violato

segretaria di produzione
Elisa Zanino

Si ringrazia Paola Rota



Lo spettacolo ha vinto il Premio Persefone come miglior spettacolo in televisione per la drammaturgia e la regia







Un giorno la sottile rete di protezione si è smagliata e sono cadute ad una ad una le nostre certezze: salute, educazione, lavoro, futuro, democrazia.
In molti luoghi si aggiunge la guerra, la fame e il terrore. Dovunque cresce la diffidenza e un’angoscia sottile, quotidiana. Qualcuno ricorda che in fondo la fine del mondo c’è già stata, per altri invece sono i segni di un’apocalisse prossima ventura.
Forse non ci resta che pregare.

Sei canti della Divina Commedia, probabilmente i più noti. Sei tappe di un pellegrinaggio nel mezzo del cammin di nostra vita: Il viaggio (Il primo canto dell'inferno), La Donna (Francesca, il V), l'Uomo (Ulisse, il XXVI), il Padre (Ugolino, il XXXIII), la Bambina (Piccarda, il III del Paradiso), la Madre (Vergine madre, il XXXIII del paradiso).
È la Commedia Umana di Dante, una strada che si rivela costeggiata da figure “parentali”: quello che si compone, guarda caso, è il disegno di una famiglia.

Sono parole incantatorie, quelle della Divina Commedia, parole taumaturgiche, rituali. Eternamente ripetute come le preghiere.
I canti non vengono spiegati e, per quanto, ad essere sinceri, talvolta possano sembrare incomprensibili all’ascolto, sono loro a spiegarci quello che ci sta accadendo. Dalla lettura dei canti scaturiscono storie.
Il lato oscuro dell’uomo, l'aspetto meraviglioso e terribile del padre, la santità dei bambini, la prigione della donna, la grandezza della madre che ci indica l’unica strada possibile: la conciliazione degli opposti, l’armonia dei contrari. Un percorso ricco, sorprendente e, soprattutto, confortante. Come la preghiera.
A cantare e raccontare storie è una donna.
Perché più spesso sono le donne a pronunciare, senza mediazioni, il desiderio di pace.
E perché sicuramente l’anima ha una voce femminile.
Una donna isolata dal mondo, nel suo giardino, in una notte oscura crea per sé stessa un‘isola di pace. Le abbiamo conosciute anche noi certe isole di pace, mentre eravamo turbati per quello che succedeva, là fuori: se ora ci pensiamo bene, spesso erano momenti di poesia, lo strumento migliore per comprendere il mondo rapidamente e in profondità. Forse per stare al passo con le complesse trasformazioni che stiamo vivendo, sarà bene fare tutti una bella scorta di poesia.
Io l’ho fatto, quando la profezia della donna isolata nel giardino è diventata realtà, e dai canti di Vergine madre ho interpretato tutta la Divina Commedia: è stato come vivere più vite e mi sono regalata un po’ di paradiso.

“Da piccola sognavo di diventare santa. Ma non santa martire, che il martirio di fatto non mi convinceva del tutto, semplicemente santa.
Non sono diventata santa: ho fatto l’attrice.

Per diventare santi bisogna pregare.
Raccontare storie è un po’ come pregare.
Come ci insegna Italo Calvino ne “Le città invisibili” è cercare in mezzo all’inferno ciò che non è inferno e farlo durare, e dargli spazio”.
Si comunica che lo spettacolo in programmazione per questa sera, per avverse condizioni metereologiche, avrà luogo all'interno della Basilica Santuario del Tindari in forma gratuita.
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